Quando si parla di medicina digitale, uno dei timori più diffuso è che la medicina perda di umanità e di empatia. In questo senso anche il codice deontologico in particolare all’articolo 78 recita: “l’uso dei sistemi telematici non può sostituire la visita medica che si sostanzia nella relazione diretta con il paziente”.
Eric Topol a tutti coloro che hanno questo timore risponde ponendo una domanda: “Ma siamo davvero sicuri che la medicina attuale possa essere considerata empatica ed umana?”.
Secondo Topol il ritmo frenetico cui sono sottoposti i medici (a maggior ragione nel contesto pandemico attuale, ma anche nella normale routine lavorativa) è il primo grande nemico dell’empatia. I carichi di lavoro sono estenuanti. Si lavora con stress e si ha sempre fretta.
Non va dimenticato che la fretta aumenta il rischio di errore e nuoce a tutti: il medico non è soddisfatto del proprio lavoro, e il paziente non si sente accudito e rassicurato come vorrebbe perché nei pochi minuti a disposizione non riesce a instaurare con il sanitario un rapporto di fiducia.
La medicina digitale invece può invece paradossalmente diventare lo strumento che ci aiuta a riacquistare umanita. In che modo?
Secondo Topol le modalità sono due. Innanzitutto, perché la medicina digitale e l’applicazione dell’intelligenza artificiale ci consentono di automatizzare e semplificare: “Sgravando il medico di tutti quei compiti che interferiscono con la relazione umana, riducendo il rischio di errore e restituendogli il tempo per prendersi cura del paziente, rendendo così l’assistenza sanitaria ancora una volta umana”.
A sostegno del suo pensiero, Topol, nel suo libro Deep Medicine*, riporta una frase di Linda Chin, membro eletto della National Academy of Medicine: “Immagina se un medico potesse avere tutte le informazioni necessarie sul paziente in due minuti così da dedicare alla visita e al dialogo con il malato 13 minuti, invece di spendere 13 minuti per raccogliere informazioni e solo 2 minuti per parlare con il paziente”. Per mettere di nuovo al centro il paziente anche per Linda Chin la strada è la semplificazione e l’automatizzazione di tutti i processi ripetitivi e l’Intelligenza Artificiale è lo strumento per raggiungere tale obiettivo.
Inoltre, il timore di poter essere soppiantati dalle macchine fa sì che l’uomo senta la necessità di differenziarsi. E per far ciò deve allenarsi a sviluppare le caratteristiche umane, in particolare l’empatia, caratteristiche che non potrà mai essere sostituita dalle macchine.
Più si sviluppa la medicina digitale più riuscirà ad essere umana.
Perché la medicina digitale possa quindi aiutare il rapporto medico-paziente occorre però che il medico impari a conoscere la tecnologia e a usarla. Per fare questo è importante agire sulla formazione dei medici che devono avere una maggiore alfabetizzazione al digitale, ma anche sui pazienti. Solo agendo su tutti gli attori, operatori sanitari da una parte e pazienti dall’altra, si può favorire realmente il progresso e lo sviluppo della medicina digitale.
* Topol E., Deep Medicine: How Artificial Intelligence Can Make Healthcare Human Again (2019)