Gli anticoagulanti orali diretti (DOAC) agiscono inibendo in maniera diretta il fattore Xa (rivaroxaban, apixaban, edoxaban) o la trombina (il Dabigatran). Rispetto al Warfarin hanno il vantaggio di causare un minor rischio di effetti negativi e di interazioni con altri farmaci, mantenendo un profilo di efficacia paragonabile a quello del Warfarin. Inoltre hanno la caratteristica comune di essere assorbiti rapidamente e di raggiungere in tempo breve il picco plasmatico. Per queste caratteristiche le linee guida più recenti raccomandano i DOAC come trattamento di prima linea in caso di trombosi venosa profonda prossimale e di fibrillazione atriale non valvolare.
Il primo anticoagulante orale diretto entrato sul mercato è stato Dabigatran, approvato nel 2010 per la tromboprofilassi in pazienti con fibrillazione atriale non valvolare. Dopo Dabigatran sono stati introdotti sul mercato Rivaroxaban e Apixaban e a seguire nel 2015 Edoxaban.
Si fornisce di seguito una breve sintesi delle caratteristiche delle singole molecole.
Dabigatran
Somministrato come profarmaco viene rapidamente convertito nella forma attiva e in massimo 2 ore dalla somministrazione raggiunge il picco plasmatico. L’80% del farmaco viene eliminato per via renale per questo occorre cautela nelle persone che hanno una clearence ridotta. In particolare: la dose piena può essere somministrata quando la clearance è >50ml/min, occorre optare per la dose ridotta se la clearance è compresa tra 30 e 50 ml/min. Non va somministrato invece in caso di clearance inferiore a 30 ml/min e nei pazienti in dialisi.
Dabigatran non è metabolizzato dal citocromo P450 a livello epatico quindi le interazioni con gli alimenti e con farmaci che inducono o inibiscono il citocromo sono meno frequenti rispetto a Warfarin. Occorre invece cautela quando si somministra Dabigatran con inibitori o induttori della P-glicoproteina.
La somministrazione di Dabigatran è sostanzialmente sicura nei casi di malattia epatica da lieve a moderata, non è invece indicata nei casi di insufficienza epatica grave. Gli effetti collaterali più comuni sono i sanguinamenti e disturbi gastrici.
Rivaroxaban
E’ stato approvato nel 2011 per la prevenzione della tromboembolia nei pazienti con fibrillazione atriale non valvolare e della trombosi venosa profonda dopo intervento all’anca o al ginocchio.
Il farmaco, che agisce inibendo in maniera diretta il fattore Xa è assorbito rapidamente e raggiunge il picco plasmatico in 2-4 ore. La somministrazione del farmaco (20 mg oppure 15 mg se la Clearance della creatinina è inferiore a 50 ml/min) dovrebbe essere fatta ai pasti, per non limitarne la biodisponibilità, che scenderebbe dal 100% al 66%
Un terzo del farmaco viene escreto per via renale mentre il restante è metabolizzato a livello epatico dal citocromo P450. Sono possibili interazioni tra Rivaroxaban e i farmaci che inducono e/o inibiscono il citocromo P-450 o la P-glicoproteina.
La dose dovrebbe essere ridotta con clearance della creatinina tra 50-15 ml/min. Non è raccomandato il suo impiego quando la clearance renale scende sotto i 15 ml/min.
Controindicazioni assolute sono i sanguinamenti attivi e l’ipersensibilità nota al farmaco.
Il sanguinamento è il più comune effetto negativo della terapia con Rivaroxaban. Cefalea, diarrea o stitichezza, dolore addominale e aumento delle transaminasi sono ulteriori effetti negativi riportati dai pazienti in terapia con Rivaroxaban.
Apixaban
Apixaban, approvato nel 2012 per la prevenzione della trombosi venosa profonda dopo intervento all’anca o al ginocchio al dosaggio di 5 mg due volte al giorno, viene assorbito rapidamente e raggiunge il picco plasmatico entro le 3 ore. Viene metabolizzato a livello epatico e renale ed è escreto principalmente per via epatica, occorre quindi cautela quando il paziente assume farmaci che inducono o inibiscono l’azione del citocromo P450.
Non è raccomandato nei casi di malattia epatica e/o renale grave e si raccomanda la dose ridotta (2,5 mg due volte al giorno) quando viene utilizzato nella prevenzione dell’ Ictus e Embolismo Sistemico nel paziente con FANV (Fibrillazione Atriale Non Valvolare) e sono presenti almeno due dei seguenti criteri: età ≥80 anni, peso ≤ 60 Kg e creatinina serica > 1.5 mg/dl.
Sanguinamenti attivi e ipersensibilità al farmaco sono controindicazioni assolute al trattamento. Effetti negativi comuni sono: sanguinamento, nausea, vomito e rialzo degli enzimi epatici.
Edoxaban
E’ la molecola più recente, approvata nel 2015 dall’FDA e successivamente dall’EMA per il trattamento dei pazienti con fibrillazione atriale non valvolare e con tromboembolismo venoso. Dopo la somministrazione orale raggiunge il picco in massimo 2 ore. Il 50% del farmaco è escreto per via renale immodificato. Edoxaban viene metabolizzato dal citocromo P450 in minima parte (< 4%) e come le altre molecole DOAC è substrato della P-glicoproteina e quindi suscettibile di interazioni con induttori e/o inibitori di entrambi i sistemi.
Nei pazienti con 15 ml/min<Cr Cl < 50 ml/min è indicata la riduzione del dosaggio da 60 mg a 30 mg. Altri criteri di riduzione del dosaggio sono o il peso ≤ 60 Kg o concomitante utilizzo di dronedarone, eritromicina, ciclosporina, ketoconazolo
Bibliografia
Gunawardena T. Direct oral anticoagulants: a review for the non-specialist. Hematol Rep 2021;13:9239. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC8672212/