Il rischio di infarto si comprende dagli occhi

Tradizionalmente si dice che gli occhi sono lo specchio dell’anima, perché l’occhio riflette in maniera immediata le nostre emozioni. In epoca di medicina digitale gli occhi diventano anche lo specchio del cuore. E’ stata sviluppata di recente infatti una rete neurale profonda capace di definire sulla base dell’analisi dell’immagine della retina se il paziente è a rischio di infarto del miocardio. L’esperimento pubblicato su Nature Machine Intelligence è stato condotto da un gruppo di matematici, informatici e cardiologi coordinati da Alejandro Frangi, professore di medicina computazionale alla University of Leeds e dal 2019 membro del comitato per le tecnologie emergenti della Royal Academy of Engineering, e Andres Diaz-Pinto, ricercatore al King’s College London.

Che esista una relazione tra immagine del fondo oculare e apparato cardiocircolatorio non è una novità. Già una ventina di anni fa infatti diversi studi avevano mostrato che la morfologia e la dimensione dei piccoli vasi sanguigni della retina sono indicatori di malattie vascolari più ampie, comprese le patologie cardiache.

Sono invece più recenti gli studi sulle applicazioni dell’intelligenza artificiale all’analisi delle immagini dell’occhio. Nel 2018, i ricercatori di Google hanno messo a punto una rete neurale profonda per dedurre a partire dalle immagini del fondo oculare il rischio di insorgenza di infarto o ictus nei 5 anni successivi. L’algoritmo, sviluppato e provato su diversi database, tra cui quello della UK Biobank può prevedere l’insorgenza di un evento cardiovascolare maggiore (ictus o infarto) con un’accuratezza di poco inferiore ai sistemi di valutazione del rischio cardiovascolare che si basano solo sulla conoscenza dei fattori di rischio.

Ora i ricercatori del gruppo di Frangi hanno fatto un ulteriore passo in avanti in quanto hanno sfruttato anche le informazioni contenute nelle immagini raccolte tramite risonanza magnetica cardiaca. Questo è stato possibile grazie a un particolare tipo di sistema di deep learning, chiamato multi-channel variational autoencoder (mcVAE), che è stato istruito per mettere in relazione le immagini della retina con quelle delle risonanze magnetiche cardiache in un gruppo di circa 5.600 partecipanti scelti all’interno del database della UK Biobank per i quali si avevano entrambe le immagini.

Il sistema è stato poi sfruttato per dedurre le immagini cardiache a partire dai fondi oculari per quei pazienti per cui le immagini cardiache non erano disponibili. Le immagini cardiache ricostruite a partire da quelle della retina sono state poi corredate da una serie di informazioni demografiche (età, sesso, consumo di alcol, stato di fumatore, pressione sanguigna, glicemia e colesterolemia) così da riuscire a stimare, attraverso un secondo sistema di deep learning, la massa e il volume del ventricolo sinistro del cuore. Le stime ottenute si sono rivelate in ottimo accordo con quelle effettuate da un gruppo di otto esperti che hanno analizzato le immagini di risonanza magnetica cardiaca con il miglior software disponibile sul mercato.

Con un sistema di regressione lineare è stato quindi valutato sulla base della massa e volume del loro ventricolo sinistro oltre che delle loro caratteristiche demografiche quali pazienti sarebbero andati incontro a infarto del miocardio. Per farlo hanno sfruttato un secondo database, sempre estratto dalla UK Biobank, contenente i dati di circa 2.000 persone per cui erano disponibili solo le immagini del fondo oculare, oltre alle informazioni demografiche. Di queste 2.000 persone, hanno avuto un infarto circa 1.000. Le informazioni rilevate sono state usate sia per allenare l’algoritmo sia per valutarne i risultati. In media, la sensibilità e la specificità dell’intero sistema sono risultate rispettivamente pari al 74% e 71%, mentre la precisione al 73%. Occorre segnalare che con sensibilità si intende la frazione di persone che il sistema ha previsto sarebbero andate incontro a un infarto tra coloro che lo hanno poi effettivamente avuto, la specificità è invece la frazione di persone che il sistema ha previsto non sarebbero andate incontro a un infarto tra coloro che non lo hanno effettivamente avuto. Infine, la precisione è la frazione di persone che hanno effettivamente avuto un infarto tra coloro che il sistema ha previsto lo avrebbero avuto.

I ricercatori infine per fare una valutazione realistica hanno ripetuto l’analisi usando solo i dati che in genere si hanno a disposizione in uno studio oculistico: età e sesso. Da questa analisi hanno rilevato una lieve diminuzione della precisione dell’algoritmo, dal 73% al 68%, mentre la sensibilità è rimasta invariata, pari al 74%, e la specificità è aumentata al 73%.

Inoltre hanno confrontato i risultati ottenuti con diversi modelli di valutazione del rischio cardiovascolare. Dalle analisi condotto si è concluso che la sensibilità variava tra 56% e 78%, la specificità tra 60% e 78% e la precisione tra 12% e 24%.

Il sistema sviluppato quindi sembra essere uno strumento utile per indicare la necessità di un approfondimento specialistico per i pazienti che si sottopongono a una visita oculistica.

 

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