A fine agosto 2021 sono state pubblicate le linee guida dell’European Society of Cardiology (ESC) per la diagnosi e il trattamento del paziente con scompenso cardiaco.
Riguardo alle novità introdotte dalle nuove linee guida occorre innanzitutto segnalare che rispetto alla versione del 2016 è cambiata la denominazione delle classi di scompenso cardiaco.
La classificazione rimane basata sulla frazione di eiezione (FE), ma nel nuovo documento si parla di:
- scompenso cardiaco a frazione di eiezione (FE) ridotta quando FE è ≤40%,
- a frazione di eiezione moderatamente ridotta quando FE è compreso tra 41% e 49%,
- a frazione di eiezione preservata quando FE è ≥50%.
Per quanto riguarda la diagnosi non vi sono cambiamenti di rilievo; viene però sottolineata l’utilità dell’ecocardiografia per valutare la frazione di eiezione e quindi identificare il gruppo di appartenenza, ma anche per valutare le dimensioni delle camere cardiache, la presenza di una ipertrofia del ventricolo sinistro eccentrica o concentrica e anomalie del movimento della parete. Inoltre viene sottolineata l’importanza della risonanza magnetica cardiaca soprattutto quando occorre fare una caratterizzazione tessutale nei pazienti non ischemici.
Nel documento sono fornite indicazioni sulla gestione terapeutica delle tre classi di scompenso cardiaco; si riporta di seguito un rapido excursus sulle indicazioni principali.
Scompenso con frazione di eiezione ridotta – terapia
La terapia farmacologia è l’intervento più importante per i casi di scompenso a FE ridotta; deve essere implementata nel più breve tempo possibile e prolungata per più tempo possibile. Solo quando la terapia non è più efficace si deve optare per un device impiantabile. Gli obiettivi principali della terapia sono tre:
- ridurre la mortalità;
- prevenire le ospedalizzazioni ricorrenti causate da peggioramento dello scompenso cardiaco;
- migliorare la funzionalità cardiaca e lo stato di salute.
Le raccomandazioni prevedono in questi pazienti la somministrazione delle categorie di farmaci approvati per lo scompenso cardiaco, quindi: beta-bloccanti, ACE-inibitori/sartani/ARNI, antagonisti dei recettori mineralcorticoidi.
Si raccomanda di utilizzare gli ARNI (Angiotensin Receptor Neprilysin Inhibitor) in sostituzione agli ACE inibitori nei pazienti che rimangono sintomatici nonostante la terapia con ACE inibitori, beta bloccanti e antagonisti dei recettori mineralcorticoidi.
Inoltre va segnalato che, indipendentemente dalla presenza di diabete, è possibile associare alla terapia standard anche gli inibitori SGLT 2 – dapaglifozin, empaglifozin – per ridurre il rischio di morte cardiovascolare.
Altri farmaci da considerare in caso di scompenso con FE<40% sono:
- i diuretici dell’ansa per alleviare i sintomi dello scompenso, migliorare la capacità di esercizio e ridurre il rischio di ospedalizzazione,
- l’ivabradina (inibitore dei canali ionici If del nodo seno-atriale) in soggetti con frazione di eiezione ventricolare sinistra (FEVS) ≤35 in ritmo sinusale e frequenza cardiaca a riposo ≥70 b.p.m. nonostante il trattamento con betabloccanti, ACE inibitori e un antagonista dei recettori mineralcorticoidi.
Occorre però segnalare che i trattamenti farmacologici sebbene migliorino la progressione della malattia cardiovascolare non riducono il tasso di morti improvvise annuali che spesso si manifestano tra soggetti con scompenso cardiaco e sintomi lievi a causa di disturbi elettrici (aritmia ventricolare, bradicardia e asistolia).
Per ridurre il rischio di morte improvvisa le linee guida raccomandano l’impiego del defibrillatore impiantabile (ICD) in prevenzione primaria nei pazienti con scompenso cardiaco e frazione di eiezione ventricolare sinistra ≤35% e in prevenzione secondaria nei pazienti con aritmia ventricolare, instabilità emodinamica con aspettativa di vita superiore a 1 anno e buono stato funzionale.
Scompenso con frazione di eiezione moderatamente ridotta-terapia
Occorre innanzitutto segnalare che mancano studi specifici su soggetti con FE compresa tra 41 e 49. Le linee guida infatti forniscono una sola indicazione di classe I (cioè c’è accordo e ci sono prove sull’efficacia e sul beneficio portato dal singolo intervento) e cinque raccomandazioni di classe II (cioè non c’è completo accordo sull’efficacia e sul beneficio portato dal singolo intervento). La raccomandazione più solida prevede la somministrazione di diuretici in questi pazienti con l’obiettivo di alleviare segni e sintomi dello scompenso. Sono invece indicati come interventi di classe II per ridurre il rischio di ospedalizzazione e di morte: beta-bloccanti, ACE-inibitori/sartani/ARNI, antagonisti dei recettori mineralcorticoidi.
Scompenso con frazione di eiezione preservata – terapia
Un soggetto si definisce con FE preservata quando la frazione di eiezione è ≥50% tuttavia occorre considerare tale limite con cautela in quanto tale parametro varia in funzione del genere, dell’età e dell’etnia. Il paziente con scompenso cardiaco con frazione di eiezione preservato si presenta con caratteristiche molto diverse rispetto ai casi di scompenso con frazione di eiezione ridotta o moderatamente ridotta. In genere si tratta di pazienti più anziani e più spesso di donne. Inoltre in questi pazienti lo scompenso è spesso associato a: fibrillazione atriale, malattie renali o a comorbilità non cardiovascolari. Le linee guida raccomandano quindi (classe I) di effettuare uno screening delle comorbilità e di intervenire innanzitutto con una terapia mirata sulle cause.
Per quanto riguarda la terapia farmacologica dello scompenso con FE conservata non vi sono variazioni di rilievo rispetto al passato: nessuna terapia ha mostrato una riduzione significativa della mortalità e morbilità sebbene siano stati osservati benefici in alcuni fenotipi. E’ stata però riportata una riduzione delle ospedalizzazioni in questi pazienti con sartani (candesartan) e con gli antagonisti dei recettori mineralcorticoidi (spironolattone). Inoltre è stato osservato un trend in questo senso anche con ARNI (sacubitril/valsartan). In termini generali sono raccomandati i diuretici per alleviare i segni e i sintomi dello scompenso.
Le nuove linee guida forniscono anche indicazioni per il trattamento di pazienti con comorbilità cardiovascolari e non cardiovascolari e di pazienti in condizioni particolari per esempio in gravidanza. Di seguito si riporta una sintesi schematica delle principali condizioni prese in esame.
Pazienti con comorbilità cardiovascolari
Fibrillazione atriale
In molti casi scompenso cardiaco e disturbi del ritmo si presentano insieme e l’uno può essere causa dell’altro. La percentuale di pazienti che sviluppa fibrillazione atriale successivamente cresce con l’età, non è raro quindi osservare nel paziente anziano con scompenso grave anche la fibrillazione atriale. La gestione di questi pazienti deve prevedere cinque step:
- identificare le cause della fibrillazione atriale e trattarle
- gestire lo scompenso cardiaco
- prevenire gli eventi embolici
- controllare la frequenza cardiaca
- controllare il ritmo cardiaco.
Tra le cause più comuni di fibrillazione atriale occorre considerare: l’ipertiroidismo, i disordini elettrolitici, l’ipertensione non controllata, alterazioni della valvola mitralica ed eventuali infezioni. Il peggioramento della congestione causato dalla fibrillazione atriale va trattato con diuretici. Occorre invece considerare che la fibrillazione atriale potrebbe ridurre l’effetto benefico dei betabloccanti, quindi se questi non sono sufficienti a tenere sotto controllo la frequenza ventricolare si può optare per la somministrazione di digossina.
Per prevenire gli eventi embolici si raccomanda invece la somministrazione a lungo termine di un anticoagulante. Le linee guida suggeriscono la terapia con anticoagulanti orali diretti invece degli antagonisti della vitamina k in quanto sono associati a un minor rischio di emorragia intracranica. In particolare si raccomanda il trattamento a lungo termine con anticoagulante orale per la prevenzione dell’ictus in soggetti con fibrillazione atriale e CHA2DS2-VASC score pari a 1 negli uomini e a 2 nelle donne (classe IIa). In caso di peggioramento dello scompenso cardiaco con tachicardia ventricolare e instabilità emodinamica occorre intervenire urgentemente con la cardioversione elettrica.
Sindromi coronariche croniche
I beta bloccanti sono i farmaci di scelta per i pazienti con scompenso e malattia coronarica cronica. Come alternativa o in associazione si possono somministrare gli inibitori del calcio, in particolare ivabradina, e i nitrati a lunga durata. Occorre inoltre segnalare che il bypass aorto-coronarico (CABG Coronary Artery Bypass Graft surgery) dovrebbe essere considerato la strategia di rivascolarizzazione di prima scelta, nei pazienti idonei alla chirurgia, soprattutto se diabetici e in quelli con malattia multivasale (classe IIa). Il CABG dovrebbe invece essere invece evitato nei candidati all’impianto si un dispositivo di assistenza ventricolare meccanica (LVAD, Left Ventricular Assist Device) che necessitano di rivascolarizzazione coronarica.
Valvulopatie
La stenosi aortica può causare un grave peggioramento dello scompenso cardiaco. L’intervento sulla valvola aortica (TAVI o SAVR) è raccomandato nei pazienti con scompenso cardiaco e stenosi aortica grave per ridurre il rischio di morte e migliorare la sintomatologia. La scelta del tipo di intervento (TAVI O SAVR) deve essere effettuata dal team medico dopo attenta valutazione delle caratteristiche cliniche e individuali del paziente. In caso di stenosi aortica grave quando l’area valvolare è minore a 1 cm² e il gradiente medio maggiore di 40 mmHg occorre escludere altre cause e correggerle (anemia, ipertiroidismo, shunt arterovenoso) prima di procedere con l’intervento sulla valvola aortica.
Pazienti con comorbilità non cardiovascolari
Diabete
Il trattamento dello scompenso cardiaco è simile nei pazienti con e senza diabete. Gli inibitori SGLT2 (canaglifozin, dapaglifozin, empaglifozin, sotaglifozin) sono raccomandati per prevenire lo scompenso cardiaco, ridurre il rischio di morte cardiovascolare e il peggioramento della funzionalità renale nei soggetti con diabete di tipo 2 e malattia cardiovascolare o a rischio di malattia cardiovascolare. In particolare dapaglifozin ed empaglifozin sono indicati per il trattamento dei pazienti con diabete di tipo 2 e scompenso cardiaco a ridotta FE. Sotaglifozin invece ha mostrato una efficace riduzione della mortalità da cause cardiovascolari e delle riospedalizzazioni a causa di peggioramento dello scompenso cardiaco.
Secondo alcuni studi osservazionali condotti su pazienti con scompenso e diabetici la metformina sembra essere più sicura dell’insulina e delle sulfaniluree. Tuttavia le linee guida suggeriscono di evitare la metformina nei pazienti con filtrazione glomerulare <30 ml/min/1,73 m2.
Gli inibitori DPP4 non sono invece raccomandati nei pazienti diabetici con scompenso cardiaco in quanto non sembrano ridurre la mortalità per ogni causa e per cause cardiovascolari in questi pazienti. Gli agonisti del recettore GLP1 Invece sembrano ridurre il rischio di infarto del miocardio, di ictus e di morte cardiovascolare nei pazienti con diabete sebbene probabilmente non sian efficaci nel ridurre l’incidenza di scompenso cardiaco.
Malattie della tiroide
Occorre segnalare che in tutti i pazienti con scompenso cardiaco bisognerebbe fare una valutazione degli ormoni tiroidei in quanto sia l’ipotiroidismo sia l’ipertiroidismo possono causare un aggravamento dello scompenso cardiaco.
Condizioni particolari – gravidanza
La gravidanza è di per sé una condizione che aumenta il rischio di andare incontro a scompenso cardiaco, soprattutto nel secondo trimestre quando è massima la richiesta di aumento della gittata cardiaca. La gestione dipende dalle caratteristiche cliniche e dalla gravità della presentazione. Si raccomanda in caso di sintomi una ecocardiografia, la valutazione dei peptidi natriuretici, monitoraggio fetale. I casi lievi possono essere trattati con diuretici, betabloccanti, idralazina e nitrati, invece in caso di segni di scompenso acuto occorre procedere con il ricovero in urgenza.
Le donne con preesistente scompenso cardiaco hanno un alto rischio di andare incontro a complicanze cardiovascolari durante la gravidanza. Per ridurre il rischio di andare incontro a malformazioni fetali è importante consigliare alle donne in età fertile che desiderano un figlio di modificare la terapia per lo scompenso. Prima del concepimento vanno quindi sospese le terapie con ACE inibitori, ARNI, sartani e antagonisti dei recettori mineralcorticoidi. Può essere proseguita invece la terapia con i betabloccanti, prediligendo gli inibitori selettivi beta 1 (bisoprololo, metoprololo). Inoltre se necessario possono essere somministrati anche idralazina, nitrati e metildopa.
Nel primo e nel terzo trimestre va somministrata una terapia anticoagulante con eparine a basso peso molecolare o con antagonisti della vitamina K. Sono invece sconsigliati in questo caso i DOAC. La valutazione di una donna con scompenso cardiaco prima della gravidanza o al momento della gravidanza comporta una valutazione clinica, ECG ed ecocardiografia. La modalità del parto deve essere valutata da un team multispecialistico intorno alla 35° settimana di gestazione.
Bibliografia