Ospedale virtuale: modelli organizzativi ed ecosistema

Data: Martedi 18 Maggio 2021

Intervento della Dott. ssa Rossella Di  Bidino, Direzione Tecnica e Innovazione Tecnologia Sanitaria –  Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, all’interno del webinar L’ospedale virtuale, telemedicina e teleassistenza (PSP).

Per leggere la trascrizione del video fare click sull’icona +.

Trascrizione

Buon pomeriggio a tutti, la mia presentazione ruota intorno al cosiddetto “ospedale virtuale”. L’interesse qui non è tanto a darne una definizione, ma affrontare tutti quegli aspetti che l’integrazione dell’attività ospedaliera con le tecnologie digitali fa sorgere. Dentro un ospedale digitale non ci stanno solo le applicazioni digitali, i sistemi a supporto delle decisioni dei clinici, eventualmente basati sull’intelligenza artificiale, ma ci sta anche l’integrazione nella pratica clinica, con queste tecnologie, e idealmente la definizione di percorsi di cura, dove i momenti cruciali, in cui vengono assunte le decisioni, sono basati, non tanto o non solo sugli esiti delle visite di persona, ma anche sugli input che gli giungono ad esempio tramite il monitoraggio a distanza. Quindi, almeno nel mio immaginario, l’ospedale virtuale non è quello in cui i robot vanno a sostituire i medici, ma quello in cui le tecnologie innovative digitali vanno a integrarsi con quelle tradizionali e con il tradizionale modo di condurre l’attività sanitaria. Però per giungere a questa situazione ideale le problematiche da affrontare sono diverse, sia in termini di tecnologia che di pratica clinica, perché come tutti sappiamo anche utilizzando banalmente il nostro cellulare, un’applicazione non è uguale all’altra; E una tecnologia digitale non è uguale all’altra, sia in termini di sviluppo delle tecnologie che stanno alla sua base sia in termini di benefici dimostrati. Innanzitutto questi benefici debbono essere dimostrati tramite studi robusti. Per quanto riguarda invece le criticità legate alla pratica clinica, è facile dire che al centro viene messo il paziente, ovunque esso si trovi, ma questo cosa implica dal punto di vista della pratica clinica? E poi qual è l’impatto di Outcome? Che sono sia quelli che fornisce direttamente la tecnologia digitale sia quelli rilevanti per ad esempio l’ospedale stesso.

In termini di percorsi di cura, la criticità è legata tutta al concetto di integrazione; qui si può parlare piuttosto agevolmente di come un percorso di cura può integrarsi con le tecnologie digitali, ma dato che non importa dove si trova il paziente, è importante decidere dove inizia e dove finisce il percorso di cura di cui è responsabile l’ospedale, oppure bisogna anche porsi la domanda se ha senso decidere chi è responsabile, per quale tratto del percorso di cura, o se si deve immaginare anche un’integrazione delle responsabilità.

Tornando al tema della maturità, questa slide vuole essere esemplificativa, cerca di porre in evidenza quelli che sono i risultati dimostrati dagli studi clinici con quella che è la tipologia degli studi clinici. Quei dati sono aggiornati al 2017, e fanno vedere come all’epoca alcune aree fossero più avanti di altre nella dimostrazione del beneficio e nella dimostrazione robusta del beneficio effettivo. Però a tutt’oggi, la gran parte degli studi che coinvolgono le applicazioni sanitarie digitali, tendono a essere osservazionali e in qualche caso retrospettivi. Pochi sono ancora i Randomized Controlled Trial, più avanti vi mostrerò il caso di un’applicazione per il monitoraggio dei pazienti con tumore al polmone, basata su uno studio randomizzato e controllato, che è stato in grado di dimostrare addirittura il beneficio nell’Overall survival.

Ma si hanno ancora pochi di questi esempi virtuosi. Inoltre maturità delle evidenze, si lega al tema dell’affidabilità; Tutti siamo abituati ad utilizzare o a vedere utilizzati Fight Strike o anche l’Apple Watch, però quanto sono affidabili queste tecnologie? Qui vedete i risultati, in termini di confronto con l’attuale GoldStandard, nella capacità di queste tecnologie di misurare correttamente il ritmo cardiaco. Come vedete non tutte queste tecnologie sono uguali. Vi è una tendenza a calcolare correttamente in mediana il ritmo cardiaco, ma soprattutto in qualche caso la variabilità nell’affidabilità è ancora piuttosto elevata; e questo è uno degli aspetti che comunque bisogna prendere in considerazione, quando si va a scegliere le tecnologie digitali da utilizzare. Poi come accennato prima vi è il problema degli Outcome, in realtà la difficoltà è duplice. In qualche caso la tecnologia applicazione va a misurare tramite una proxy l’EndPoint clinico di interesse e bisogna validare questa misurazione. E poi vi è il problema che la tecnologia digitale misura un outcome, ma non è detto che questo corrisponda. Collegato, Patient report outcome, è ancora più difficile dimostrare come l’outcome, di un’applicazione digitale, impatti sugli outcome rilevanti per un ospedale, dove un outcome è rilevante e si il miglioramento della qualità di vita del paziente e la sua sopravvivenza; ma è anche, e soprattutto in certe sfere, l’impatto sulla durata della degenza media o sulla riduzione del tasso di riammissione a 30 giorni.

E poi abbiamo il tema della pandemia. Abbiamo visto che la pandemia ha accelerato questo processo di adozione delle tecnologie sanitarie digitali, ma queste tecnologie in pochi casi sono state valutate in un’ottica di Atc oggi assessment o anche in un’ottica generale, in termini di affidabilità e maturità delle evidenze; ma spesso questa valutazione quando c’è stata è stata piuttosto frettolosa, dato il tempo ridotto a disposizione. Inoltre l’adozione di tali tecnologie digitali non è stata uniforme su tutto il territorio nazionale, ma neanche su tutte le aree cliniche, e questo ha degli impatti in termini di equità, di accesso a questa tipologia di tecnologie; E pone anche delle problematiche, in termini di evidence based, per la sanità digitale.

Come un ospedale, a parte considerare tutti questi aspetti, può tramutarsi in un ospedale virtuale?
Innanzitutto deve dotarsi di un modello organizzativo adeguato, qui ho riportato tre macro modelli organizzativi, che vanno: dalla piattaforma, al sistema integrato, all’ospedale virtuale vero e proprio. Ho cercato di associare ad ogni modello un caso reale ed avanzato. 
Per la piattaforma vi presento il caso del New York-Presbyterian Hospital: che raggruppa dieci strutture ospedaliere in cui sono attivi oltre 6.000 medici, si trova nella città di New York, e questo ospedale, o sistema di ospedali, ha sviluppato una piattaforma che raggruppa tutti gli oltre 80 servizi di telemedicina che fornisce ai suoi pazienti. Per l’utente il punto di accesso è unico, è un’unica applicazione: il “New York Presbyterian Hospital OnDemand”.
Poi vi è anche lo sforzo organizzativo interno, di mettere in un’unica piattaforma, il che vuol dire un’unica landing page del sito dell’ospedale, tutte queste soluzioni digitali, che vengono pensate fin dall’inizio come coordinate fra di loro e non come esperienze singole. Le tipologie di assistenza virtuale che una piattaforma di questo tipo è in grado di coprire vanno: dalle classiche video consulenze alle consulenze specialistiche, al follow up a distanza, di alcune categorie di pazienti soprattutto nella fase post chirurgica, fino alla cura urgente e addirittura integra la Mobile Stroke Unit.

Più avanzato ancora come modello organizzativo è quello del sistema integrato. Anche in questo caso vi è un unico punto di accesso, considerando ad esempio la realtà del Kaiser Permanente negli Stati Uniti, vi è un’unica app per l’utente che è il “My Health Manager. Però tramite questa app, l’utente o il paziente, non accede solo ai servizi digitali-sanitari veri e propri, ma anche a servizi che impattano, non solo direttamente sulla salute, anche indirettamente perché riguardano il suo benessere. Quindi un utente paziente può accedere al My Health Management perché si fa riferimento a uno degli ospedali della rete o perché banalmente va in una delle palestre che fanno parte di questo network. Come potete vedere un sistema integrato gestisce una grande quantità di accessi e coinvolge molti utenti. Il My Health Management viene utilizzato da oltre 6 milioni di utenti, nel 2020 ha permesso di effettuare online oltre 34 milioni di prescrizioni e più di 9 mila visite in un giorno solo; Per sostenere un sistema o un modello organizzativo di questo tipo sono necessari investimenti non indifferenti nel sistema informativo.

Il vantaggio per l’ospedale è aumentare gli accessi virtuali ma anche, soprattutto, fidelizzare l’utente, è stato infatti dimostrato, che gli utenti di questo sistema integrato, rimangono nel network fino ad oltre due volte e mezzo rispetto agli utenti che accedono fisicamente. Inoltre, aspetto non secondario oggi giorno dove si parla tanto di big data, una realtà come quella del Kaiser Permanente rappresenta il più grande database a livello mondiale di dati di tipo medico. E poi vi è quello che potrebbe sembrare a prima vista l’ospedale del futuro, quello rappresentato dalla realtà del Mercy Virtual Hospital; chiaramente fanno parte di questo network anche degli ospedali reali e anche dei servizi ambulatoriali reali, ma qui si ha una struttura interamente dedicata alla telemedicina. L’obiettivo è quello di fornire un’assistenza continua, continua a sole 24 ore e continua lungo tutto il percorso di cura dell’utente; lo scopo è quello di evitare l’acutizzazione, promuovere gli accessi in maniera più adeguata possibile al momento più opportuno possibile ma anche di prevenire.

Quei vedete banalmente l’organizzazione della struttura, vi sono due piani dedicati alla telemedicina vera e propria, vi sono oltre 330 operatori formati sotto l’aspetto sanitario dell’utilizzo delle tecnologie digitali e anche della comunicazione in remoto con gli utenti. E poi vi è un piano dove ci sono delle sale riunioni a cui afferiscono gli operatori sanitari per coordinare le loro attività. 
Qual è il beneficio immediato in un ospedale virtuale?
Dall’esperienza del Mercy Virtual Hospital, è una riduzione delle giornate di degenza e una riduzione anche dei costi ad esempio è stato dimostrato che nei primi mesi di attività del Mercy Virtual Hospital si sia ridotto il costo dell’artoplastica al ginocchio di oltre 5/6.000 euro. Questo perché c’è stata chiaramente una migliore programmazione e anche più informazioni sono state raccolte. E queste evidenze a livello ospedaliero si affiancano a quelle che si hanno già a disposizione per le singole tecnologie digitali. E qui vedete il risultato di quell’applicazione sul monitoraggio in remoto dei pazienti con tumore al polmone, non a piccole cellule, per il quale un randomized controll study ha dimostrato un impatto significativo in termini di Overall Survival che a 12 mesi è risultata del 78% verso il 58% raggiunto dai pazienti che seguono gli usuali percorsi di cura. Questo perché l’applicazione permette di intervenire al momento giusto, il paziente compila settimanalmente dal proprio domicilio un questionario, il clinico che legge i dati inviati valuta se vi sono dei particolari alert e valuta se anticipare la visita ambulatoriale programmata o se anticipare altri esami diagnostici.

Altri benefici dimostrati da altre applicazioni sono: l’impatto in termini di decenza media e di riammissione, ad esempio nel follow up dei pazienti con tumore colon rettale. Il risultato è stato dimostrato all’interno della realtà del Sinai Health System. Un ospedale, per diventare virtuale, deve rendersi conto che attorno a lui si viene a creare un ecosistema piuttosto complesso. Innanzitutto un ospedale non ha le competenze digitali, non ha gli sviluppatori a propria disposizione, quindi una soluzione immediata o quasi immediata, che può decidere di intraprendere, è quella di realizzare delle partnership con diverse aziende produttrici o sviluppatrici. Qui vedete tutte le partnership sviluppate negli anni dal New York-Presbyterian Hospital on demand, che ha effettuato ad esempio accordi con Samsung, la Philips, la Welltower e così via, per sviluppare diversi servizi di telemedicina. Però poi serve anche un’adeguata politica sanitaria e qui il discorso si fa piuttosto complesso, perché vi dev’essere una politica sanitaria che motivi ad adottare le tecnologie sanitarie, vi deve essere una regolamentazione di questo nuovo livello di cura che non è né ricovero, né ambulatorio, né assistenza territoriale classica. E poi vi deve essere un monitoraggio centrale, regionale, di quello che è l’impatto sugli outcome, sulla qualità della vita, sul budget dell’ospedale e anche degli altri attori coinvolti. Conosciamo tutti la lista degli elementi facilitatori e delle barriere all’adozione o alla promozione delle politiche sanitarie per la sanità digitale.

Nella lista, molto lunga, fino a due anni fa non si considerava quello che si è realizzato con la pandemia, ossia che una situazione emergenziale ha accelerato l’adozione, anche se non ottimale, delle tecnologie sanitarie digitali e l’ha accelerata perché ha fatto cadere delle barriere, sia dal punto di vista degli utenti i quali volevano comunque avere e vogliono avere un’assistenza sanitaria di qualità, ma anche in alcuni casi una ritrosia da parte dei professionisti sanitari che in qualche caso non associavano allo stesso livello di qualità, e tra virgolette di serietà, di una visita in remoto rispetto a una visita in persona. Però una politica sanitaria secondo me e non solo secondo me deve guardare anche più lontano. Qui vi riporto un’esperienza che è in corso in Svezia che è piuttosto interessante; Vi è un programma pilota di mobile care, che mira a sviluppare l’assistenza sanitaria in remoto ,da parte dell’ospedale, ma anche a sviluppare un sistema integrato, dove la Mobile care dell’ospedale si integra con l’assistenza primaria e vi è un livello intermedio, rappresentato da una telemedicina che è separata dall’ospedale e dall’assistenza territoriale, ma integra questi due livelli. Questo programma pilota per ora copre solo alcune tipologie di paziente, particolarmente vulnerabile, ad esempio quelli con più di tre malattie croniche e si pone il programma un obiettivo piuttosto ambizioso che una riduzione dell’80 90% dei ricoveri.

È ambizioso ma in qualche modo giustificato, perché non vuole solo aumentare l’appropriatezza degli accessi ma vuole promuovere gli accessi al livello più appropriato di assistenza. Quindi le premesse in parte ci sono tutte e anche con una riduzione dell’80 90% dei ricoveri. L’ospedale deve ancora esistere, perché deve comunque fornire l’assistenza in presenza, in acuto e poi deve fornire un’assistenza comunque ospedaliera in remoto.

E poi il tema cruciale: come può essere sostenibile un ospedale virtuale?
Nella realtà italiana forse un po’ difficile da ipotizzare un atteggiamento come quello adottato dal New York Presbyterian Hospital, il quale ha separato l’attività sanitaria da quella finanziaria, necessaria a sostenere lo sviluppo delle soluzioni di telemedicina; ha creato infatti un Adventure, un fondo di oltre 3,5 Milioni, affinché ci fossero sempre e comunque i fondi necessari a sviluppare in House le applicazioni digitali che ritiene necessarie attualmente nel futuro;
in cui, in tal modo, riduce la propria dipendenza dalle aziende esterne. Invece più immaginavo, una situazione in cui si definisce un sistema di rimborso in Italia; anche qui ci sono vi è una complessità notevole, è facile immaginare ad una tariffa per le televisite, è più complicato in altri casi immaginare una tariffa ad esempio per il follow up dei pazienti chirurgici da remoto, perché diverse sono le tipologie di servizio offerte.

Vi è una sola realtà, quale quella norvegese, dove è già stato definito un Drg per il follow up dei pazienti in fase post chirurgica; però vi sono situazioni ancora più complesse, dove deve avesse garantito un rimborso, sia l’operatore sanitario che fornisce la prestazione in remoto, sia l’operatore sanitario che invece segue l’utente o il paziente lungo tutto il percorso di cura e questo può essere diverso da quello che fornisce l’assistenza in remoto.

Poi vi dev’essere un rimborso per chi produce o fornisce il dispositivo o la piattaforma, ad esempio nel caso dell’applicazione per tumore al polmone, il servizio dello sviluppatore era tanto in termini di applicazione quanto di piattaforma che riceve e rielabora i dati. In Francia stanno pensando a un sistema a più livelli di questo tipo, che prevede anche un ulteriore livello, quello di un rimborso Performance Based.

Ultima complessità: Il rimborso dev’essere basato su un pagamento flat e quindi fisso o su un pagamento legato al tempo? 
Ad esempio: Una soluzione potrebbe essere una tariffa semestrale per un certo numero di utenti. 
Quindi in conclusione immaginare un ospedale virtuale non è cosa facile, organizzarlo ancora meno; quello che è certo è che l’ospedale, che vuole diventare virtuale, deve adottare un atteggiamento proattivo ed essere pronto ad interagire con tutti gli attori del complesso ecosistema di cui entrerà a far parte, attori che vanno ben oltre i produttori delle tecnologie digitali. Grazie mille per l’attenzione.

PDF

In evidenza

Prevenzione cardiovascolare: stato dell’arte e futuri sviluppi

Prevenzione cardiovascolare: stato dell’arte e futuri sviluppi

Data: Martedì 27 Luglio

Intervento del Prof. Pasquale Perrone Filardi, professore ordinario di Cardiologia, Direttore della Scuola di Specializzazione in Malattie dell’apparato cardiovascolare dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, Presidente SIC (Società Italiana di Cardiologia)

Il ruolo della genetica nella gestione delle aritmie ereditarie

Il ruolo della genetica nella gestione delle aritmie ereditarie

Data: Lunedì 26 Luglio

Intervento della Prof. ssa Silvia Priori, Direttore del Servizio di Cardiologia Molecolare presso Fondazione Salvatore Maugeri Clinica del Lavoro e della Riabilitazione IRCCS Pavia; professore Ordinario di Cardiologia- Dipartimento di Medicina Molecolare – Università degli studi di Pavia